Cara Mina,
Una sera di novembre, rientrando dall’ufficio, ho trovato il soggiorno invaso da un fortissimo odore di bruciato e le finestre spalancate. Entravano freddo e nebbia, ma quel puzzo sembrava non volersene andare. Mi sono subito allarmato, ma una pentola bruciacchiata nel lavello mi ha chiarito tutto.
Ho sentito le voci di mia moglie e del mio bambino: si erano chiusi in camera per non respirare il fumo e non prendere freddo. Anna aveva improvvisato un pic nic serale sul tappeto della cameretta di Luca. Ovviamente lui si stava divertendo moltissimo, ma a me la situazione non piaceva, perchè l’odore si stava già insinuando nel resto dell’appartamento, che non è molto grande.
Spazi piccoli e aria satura, dentro e fuori allora? Cosa respiriamo? Cosa respira Luca?
Aver paura di ciò che entra nel tuo corpo attraverso l’aria è tremendo, è come sentirsi circondati da un nemico invisibile che può toccarci, penetrarci, avvolgerci, lasciandoci impotenti. Ero spaventato. Proprio io che non ho avuto mai paura di niente, non di scendere da un pendio con la bici a 90 km all’ora, né di scontrarmi a bracciate con il mare grosso, né di lanciarmi con il parapendio. Poi con la nascita di Luca tutto è cambiato: non c’ero più solo io, non c’erano più solo i miei limiti come confine da spostare costantemente. Ero diventato responsabile di una creatura delicata, con la pelle così chiara che si potevano contare le vene che attraversavano il suo corpo. Mi sembrava di prendere in braccio un’opera d’arte di cristallo.
E ho iniziato ad avere paura, di quello che poteva ferirlo o danneggiarlo. Persino nel posto che ritenevo più sicuro per lui, la nostra casa.
Ecco perché, cara Mina, sono così felice di avere con noi un Jonix Cube: mi dà la certezza di offrire al mio piccolo, e pure a me e a mia moglie, un ambiente sicuro e salubre.
È vero: non potrò proteggere Luca per tutta la vita da tutto ciò che c’è nel mondo, ma almeno nella nostra casa, tra le mie braccia o nel suo lettino so che gli sto offrendo davvero il meglio che posso.